La Famiglia naturale e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’ Uomo
Il dibattito sul tema delle unioni civili o, se si vuole, più precisamente sulla proposta di legge Cirinnà, che si è ormai avviata nell’ iter procedurale del Senato, è stato particolarmente intenso e più che plurale e variegato.
Tuttavia, nonostante il diluvio di interventi autorevoli su tutti i luoghi mediatici, giornalistici, televisivi o anche sulla ineffabile rete dei cosiddeti 'social' del Web, c’è un argomento che non ho mai sentito né letto.
Infatti da più parti si è fatto richiamo alla sollecitazione dell’Europa a legiferare in materia di unioni civili, pare ci sia addirittura un ordine del giorno del Parlamento Europeo in tal senso. Dunque si è posta come fondamentale la questione della adesione ad una sorta di orientamento internazionale, per mettere l’Italia al passo con gli altri paesi sul piano del riconoscimento dei diritti civili, quasi che non sia concepibile avere su questi argomenti una modalità di vita diversa dal dettato del 'politicamente corretto'.
Eppure, caro Direttore, nessuno, che io sappia, ha fatto riferimento a documenti internazionali che, essendo ritualmente approvati e sottoscritti dagli Stati, addirittura costituiscono fonte giuridica per decisioni di Tribunali Internazionali .
Mi riferisco alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo approvata nel 1948 dall’assemblea dell’ONU e sottoscritta quindi da tutti i paesi aderenti, ovviamente compresa l’ Italia.
Come mai? Eppure tutte le volte che in passato si è discusso di riconoscimento delle prerogative e delle caratteristiche meritevoli di tutela quali espressione della dignità umana, si è sempre sbandierata quella Dichiarazione che è certamente il punto più avanzato e complessivo della definizione della tutela della dignità umana e delle sue relazioni con la società.
Forse se, come si è detto, si pensa che un paese debba conformare necessariamente la propria legislazione non alle sue tradizioni ed alla sua cultura prevalente, ma all’orientamento internazionale, quella Dichiarazione andrebbe visitata nella parte che può interessare. Ecco allora che si scopre il perché di questa trascuratezza o dimenticanza.
Si scoprirebbe così ad esempio che all’articolo 16 è scritto '1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione….. 3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.'
Come si vede, in particolare il comma 3 definisce con semplici ma rigorose parole il concetto, reale che diventa giuridico, di famiglia naturale.
Dunque lo Stato non solo è tenuto a riconoscere la unicità e la specificità della famiglia naturale, ma è tenuto anche a proteggerla!
A me sembra che questa definizione contenuta in un atto internazionale che assume rilievo di fonte giuridica, chiarisca senza ombra di dubbio che la famiglia naturale è l’unica 'formazione sociale', che riceve un riconoscimento di specifica attribuzione di funzioni sociali proprie. Dunque per il diritto internazionale altre 'formazioni sociali' come le unioni civili possono essere definite diversamente, ma mai possono essere inquadrate o assimilate alla unicità della 'famiglia naturale'.
Ma c’è di più! C’è ancora un altro documento, che è un Trattato Internazionale, che può aiutare a dirimere un’altra questione che pure qualcuno ha sollevato ovvero la necessità che la politica debba assumersi il compito di contemperare e fare compromesso fra le due sfere di diritto in conflitto nella questione della cosiddetta 'stepchild adoption' , ovvero del diritto del bambino ad avere una famiglia naturale con una mamma ed un papà, e quello dell’omosessuale all’uguaglianza e non alla discriminazione .
Ebbene, sarebbe opportuno andare a rivedere la Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’ Adolescenza, che è alla base dell’UNICEF, approvata nel 1991 dall’Italia insieme a 180 Paesi.
All’articolo 3 della Convenzione e scritto testualmente:
'Interesse superiore del bambino
In tutte le decisioni riguardanti i bambini, prima di tutto
bisogna pensare all’«interesse superiore» del bambino'. Mentre all’ articolo 9 recita testualmente 'Il bambino ha diritto di vivere con i suoi genitori'
Offro dunque alla discussione due Trattati Internazionali stranamente o colpevolmente dimenticati in questo aspro dibattito e che sono, invece, attualmente le linee più avanzate e condivise a livello planetario, che non possono essere richiamati solo quando fa comodo.
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